Un’abilitazione scientifica nazionale per i professori universitari basata sull’eccellenza scientifica, condizione essenziale per una università di qualità.
Sono trascorsi più di 10 anni dall’introduzione del sistema per l’abilitazione scientifica nazionale per i professori universitari di prima e seconda fascia. Le commissioni Ricerca e Università dell’Accademia dei Lincei ritengono che sia opportuno aprire una riflessione sui risultati che il modello di valutazione ha conseguito. L’obiettivo è quello di riportare al centro dell'attenzione il riconoscimento dell'originalità e del valore del contributo scientifico dei candidati.
L’esperienza di questo decennio, importante per molti versi, ha, secondo le Commissioni, fatto emergere alcune criticità. La preoccupazione principale (condivisa da CUN, dal Consiglio dell'Unione europea sulla valutazione della ricerca e sull'attuazione della scienza aperta, da una dichiarazione di alcune delle principali accademie europee è che criteri di valutazione meramente quantitativi abbiano prodotto effetti distorsivi, generando non di rado una corsa ad aumentare più la quantità che la qualità delle pubblicazioni.
Al medesimo tempo è cresciuto il numero degli autori di ogni pubblicazione, in alcune discipline al di là di comprensibili necessità di ricerca, rendendo difficile l'identificazione del contributo individuale.
Per superare queste distorsioni l’Accademia dei Lincei propone che:
a) le commissioni esaminatrici siano messe in grado di entrare nel merito delle pubblicazioni presentate e di valutarne la qualità e originalità. Per questo è necessario che il numero complessivo di pubblicazioni che ogni commissione deve esaminare sia ragionevole. Si suggerisce pertanto che ogni candidato presenti solo le pubblicazioni che ritiene più significative della propria produzione, in un numero massimo diverso per fascia, da decidere sentito il CUN e/o le associazioni scientifiche di riferimento per il settore concorsuale; per le stesse ragioni è necessario che le commissioni abbiano un numero limitato di candidati da esaminare e che quando questo numero superi una certa soglia, la commissione sia sdoppiata;
b) siano aboliti i “titoli”, cioè il requisito di avere svolto un numero minimo di determinate attività didattico-scientifiche, attualmente specificate in un modo ambiguo che può dar origine a ricorsi. I “titoli”, che pure contribuiscono a costruire il profilo dei candidati, devono essere sostituiti da un curriculum completo, redatto secondo un format predefinito. Sarebbe anche molto utile che i candidati fornissero un “narrative curriculum’ sintetico (per esempio, non più di 8000 caratteri), dove possono illustrare aspetti della loro attività che non emergono dall'elenco di voci più tradizionali e ricostruire il proprio percorso scientifico, evidenziando la rilevanza del proprio contributo;
c) siano scoraggiati tentativi di ottenere l'abilitazione con scarse probabilità di successo, permettendo alla commissione di individuare candidati troppo lontani dalla maturità per i quali è ritenuto insufficiente il limite dei dodici mesi che devono intercorrere prima della presentazione di una nuova domanda per lo stesso settore e la stessa fascia; si ritiene inoltre opportuno che sia mantenuta la scadenza dell'abilitazione dopo 6 anni dal suo conseguimento.
Queste indicazioni, oltre a rendere più logico e trasparente il percorso per ottenere l’abilitazione nazionale, possono contribuire, accrescendo la qualità delle selezioni, a migliorare quella delle nostre università, motore essenziale dello sviluppo del Paese.