Vi sono segnali di crisi dei servizi sanitari pubblici in diversi paesi europei. Tali segnali sono evidenti anche in Italia dove il valore del Fondo Sanitario Nazionale, basato sulla fiscalità generale, è inferiore alla percentuale di PIL investita nella maggior parte dei sistemi sanitari europei che si fondano sui principi di solidarietà e giustizia distributiva. L'Italia ha la più alta prevalenza di anziani in Europa (il 24% della popolazione ha più di 65 anni), con conseguente incremento dei costi, legati alle necessità sanitarie degli anziani.
La situazione di sofferenza del servizio sanitario pubblico si associa a una incidenza della spesa privata pari al 25% del totale. Essa ammonta a 41 miliardi di euro all'anno per l'assistenza sanitaria (cui aggiungere 25 miliardi all'anno per l'assistenza a lungo termine degli anziani): questa somma va paragonata ai 136 miliardi dell'assistenza sanitaria pubblica. Un tale rapporto tra spesa pubblica e spesa privata può rappresentare una minaccia ai principi dell'universalismo, di uguaglianza ed equità che sono i pilastri fondanti del SSN. Occorrerebbe perciò tentare di evitare che la spesa privata acquisti ulteriori quote di mercato, così come avviene in altri Stati (UK, Germania, USA). Inoltre, la spesa sanitaria privata appare fortemente disomogenea tra le regioni italiane (ad esempio, 800 euro a persona ,nelle regioni settentrionali come la Lombardia e l'Emilia-Romagna contro 300 euro a persona nelle regioni meridionali come la Calabria).
L'inappropriatezza delle prestazioni sanitarie contribuisce ad appesantire le liste d'attesa, con una significativa e ingiustificata variabilità nei consumi sanitari da parte di abitanti con patologie simili; questo ha un impatto rilevante sui bilanci pubblici, con una quota stimata, nei paesi ad alto reddito, tra il 20 e il 40% delle prestazioni erogate che hanno basso o nessun valore per la salute. Le cause dell'inappropriatezza sono diversificate e includono pregiudizi cognitivi, assenza di chiari percorsi diagnostico-terapeutici soprattutto in caso di multi-morbidità, fattori socioculturali, aspettative, pressioni del mercato e medicina difensiva. È necessario un governo sistemico della domanda, favorendo la consapevolezza e il coinvolgimento dei cittadini, lo sviluppo di una cultura scientifica e sanitaria, il controllo delle dinamiche di mercato, il miglioramento della relazione tra servizio sanitario e cittadini (oltre che trai professionisti dei diversi ambiti), la limitazione degli effetti della medicina difensiva, e la sistematizzazione dei programmi per le Linee Guida e l'"Health Technology Assessment".
La densità medica italiana ( 4 medici per 1000 abitanti) è superiore a quella del Regno Unito (3 medici per I 000 abitanti) o della Francia (3,3 medici per I 000 abitanti). Anche il numero di neolaureati nel nostro Paese è superiore a quello della media Europea; incrementarne la quota senza attenta programmazione rischia di creare fra alcuni anni una popolazione di medici con significative problematiche occupazionali. Ciononostante, esistono ampie lacune nella formazione specialistica, in particolare in discipline come medicina d'urgenza ed emergenza, medicina di comunità e cure primarie, microbiologia e virologia, anatomia patologica, radioterapia, chirurgia generale e altre. La carenza di specialisti in alcune discipline può essere attribuita alla scarsa attrattività di queste specializzazioni. Al contrario, le discipline che offrono opportunità nel settore privato, come la dermatologia, l'oftalmologia, la pediatria e la cardiologia, non mostrano segni di crisi; in sostanza, vi sono distorsioni nell'allocazione delle risorse di personale dovute agli incentivi del mercato sanitario privato.
Si assiste in effetti a una emorragia di operatori sanitari dal settore pubblico verso quello privato. Questo è riconducibile ad una scarsa attrattività delle professioni sanitarie nel settore pubblico, non solo per le retribuzioni relativamente basse, ma anche per aspetti gestionali, organizzativi e amministrativi. La carenza è particolarmente importante per il settore infermieristico: un problema cronico del nostro Paese, marcatamente acuitosi negli ultimi anni (anche per effetto della curva pensionistica e delle dimissioni precoci), e per il quale vanno attivate strategie di ampio respiro sia per incentivare l'attrattività della professione che per mantenere gli infermieri in servizio.
La ricerca sanitaria è parte integrante di un sistema complesso come il SSN. Per rafforzare il ruolo della ricerca nel SSN è necessario: semplificare la burocrazia, rendendo più rapide le procedure di approvazione degli studi clinici e dei finanziamenti; aumentare gli investimenti per assicurare continuità del flusso di risorse; migliorare l'interoperabilità dei dati, sviluppando infrastrutture digitali sicure ed efficienti; curare formazione e valorizzazione del personale sanitario, affinché sia sempre aggiornato sulle nuove tecnologie e metodologie di ricerca; ridurre le disuguaglianze territoriali, potenziando la ricerca anche nelle aree con minori risorse; promuovere una cultura dell'innovazione, sensibilizzando tutti gli attori del sistema sull'importanza della ricerca per il miglioramento continuo del sistema salute, come anche la formazione e la valorizzazione del personale sanitario.
L'avanzamento biotecnologico offre oggi opportunità di cura a patologie, fra le quali anche le malattie rare, che solamente pochi anni fa apparivano senza concreta possibilità di efficace trattamento. Ma i costi dei farmaci e dei trattamenti più innovativi rischiano di essere non sostenibili per un SSN come il nostro. Servono, dunque, investimenti in ricerca accademica, anche attraverso azioni coordinate a livello europeo, per garantire miglior sostenibilità, e necessitano nuovi modelli per fissare rimborsi che siano basati, oltre che su ragionevoli margini di profitto, sui reali benefici per i pazienti, sui costi di sviluppo, validazione e produzione.
La prevenzione riveste un'importanza fondamentale. Il Nuovo Sistema di Garanzia del Ministero della Salute che misura il livello di raggiungimento dei LEA rileva distanze significative tra regione e regione con valori che su una scala di 100 variano tra 40 a 98. Si spende sempre di meno in interventi di prevenzione; gran parte degli indicatori sui fattori di rischio individuali (es. abitudine al fumo, alcol, attività fisica, obesità etc) ed ambientali (es. inquinamento atmosferico) mostrano una stabilità o addirittura un peggioramento negli ultimi decenni. Vi è urgenza di interventi legislativi e di un grande sforzo di comunicazione per l'educazione alla salute che può partire dalla scuola dell'obbligo. Lo sforzo in questa direzione potrebbe esser facilitato dalla creazione di una Scuola Superiore di Sanità per formare i dirigenti del SSN.
Conclusioni
Le scienze mediche sono al servizio della società e la mutualizzazione del contributo fiscale in funzione del reddito è stata un pilastro del nostro convivere, per avere una sanità pubblica di grande qualità in buona parte dell'Italia, un'ottima preparazione universitaria e una adeguata, anche se certamente non abbastanza capillare distribuzione nelle diverse aree della nazione. Ora la spesa pubblica non basta più per sopperire alle necessità di personale sanitario e presidi medici o strutture ospedaliere adeguati a coprire le necessità della popolazione. La distanza tra risorse in campo e bisogni sta crescendo, l'eterogeneità dei trattamenti tra pazienti omogenei è chiaramente rilevabile, la sanità privata sta conquistando quote di mercato mentre i servizi sanitari distrettuali sono carenti e la riforma territoriale legata alla missione 6 del PNRR deve ancora essere completata. La funzione della medicina di base e del rapporto dei medici di medicina generale con il Servizio Sanitario Nazionale è fondamentale. Queste dinamiche non sono. uniche all'Italia. Diversi paesi europei, incluso il SSN inglese, affrontano problemi analoghi. Un dialogo a livello europeo può essere una fonte di ispirazione per identificare soluzioni Porre rimedio a questa situazione si può; ci sono ragioni morali per farlo ed è un problema soprattutto culturale: il poter essere curati quando ci si ammala è l'essenza di una società giusta e il fondamento stesso dell'essere liberi. La sanità pubblica deve essere un vero e proprio "servizio", ispirato al diritto di tutti a cure adeguate e al desiderio di alleviare il dolore degli altri, con attenzione ai dettagli e alla qualità dei servizi erogati.