Start time of day 1: 11:00
Place: Roma - Palazzo Corsini - Via della Lungara 10
Room: Scienze Fisiche
Series: Letture corsiniane
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Questo lavoro descrive il caso di un trapianto di rene fra due gemelli. L'intervento ha avuto successo. La funzione del rene trapiantato è buona".
Sono le prime due righe di un vecchio articolo su “Surgical Forum”. L'intervento era stato fatto a Boston, da Joseph Murray, due giorni prima di Natale del 1954. Da allora di trapianti ne sono stati fatti, al mondo, più di un milione, (più di 600.000 di rene). I gemelli erano Richard e Ronald Herrick (che fossero identici è stato stabilito con le impronte digitali, chiedendo aiuto alla polizia). Richard, che aveva una nefrite cronica e senza il rene di Ronald sarebbe morto, col trapianto ebbe una vita normale per venti anni. Ci fu una discussione pubblica, i più erano contrari - a Ronald l'intervento non avrebbe portato alcun vantaggio - così i dottori di Boston la decisione la presero da soli, con la famiglia Herrick. Da quel giorno ci provarono altri, a Parigi e a Londra. Ma i trapianti andavano male, per via del “rigetto”. Si provò a irradiare il midollo osseo del ricevente ma era un metodo troppo pericoloso. Il primo farmaco antirigetto - l'azatioprina - arrivò all'inizio degli anni '60, ci fu qualche buon risultato, ma la maggior parte degli ammalati perdeva il rene subito dopo l’intervento. Nel ’72 due farmacologi di Basilea estrassero da un fungo la ciclosporina e da allora i trapianti cominciarono ad andare bene. Nel frattempo Chris Barnard fece il primo trapianto di cuore a Città del Capo (a dirla tutta, la tecnica l’aveva imparata negli Stati Uniti, arrivò primo perché in Sud Africa non c’era nessuna legge che lo impedisse). L’ammalato visse due settimane soltanto. Se ne fecero altri di trapianti di cuore, un po’ in Sud Africa e poi a Palo Alto e a Houston, ma i risultati non erano buoni. Oggi – per merito della ciclosporina - non c'è cardiochirurgo al mondo che non sia in grado di fare il trapianto di cuore con successo. Ma quanto dura un trapianto? C'è chi ha vissuto più di 40 anni, ma il più delle volte non è così, in media un organo trapiantato dura 10-12 anni. La qualità di vita qualche volta è eccezionale (nel 2003 Kelly Perkins, 42 anni, che aveva avuto un trapianto di cuore sette anni prima, è arrivata in cima al Cervino). Ma certe volte no, anche perché chi ha fatto un trapianto è esposto a infezioni e al rischio di avere un tumore. L'ideale sarebbe insegnare all'organismo a riconoscere l'organo trapiantato come se fosse proprio. Negli animali ci si è già riusciti e anche nell'uomo ci sono stati risultati incoraggianti utilizzando cellule mesenchimali per indurre tolleranza all’organo trapiantato. Ma c’è e ci sarà sempre di più negli anni a venire il problema della mancanza di organi. Si potrebbero usare gli organi degli animali (xenotrapianti) ha pensato qualcuno, ma sembrava che i problemi fossero insuperabili. Gli organi di maiale sarebbero adatti per il trapianto perché per dimensioni, forma e funzioni sono molto simili a quelli dell’uomo. Si tratta di maiali indistinguibili da quelli che conosciamo, ma modificabili geneticamente per renderli compatibili con i tessuti dell’uomo. Tra il 2024 e l’inizio del 2025 a Boston e New York sono stati eseguiti quattro xenotrapianti di rene da maiali geneticamente modificati in riceventi umani. Per circa 2-4 mesi, i reni trapiantati hanno funzionato bene. Sono dati molto incoraggianti, se si considera che il primo trapianto di cuore da uomo a uomo eseguito nel 1967 da Christiaan Barnard a Città del Capo è sopravvissuto solo due settimane, e oggi questo trapianto è una procedura di ruotine. E se si provasse a costruirli in laboratorio gli organi? Forse la strada giusta è proprio questa: già oggi si costruiscono arterie e vene e si sta provando con la vescica, ma per organi complessi come il rene o il fegato ci vorrà ancora molta, molta ricerca. Nel frattempo il dottor Murray, morto nel 2012 all’età di 92 anni, ha avuto il Premio Nobel per essere stato il primo a far funzionare in un uomo il rene di un altro (Murray è uno dei pochissimi chirurghi ad avere avuto il Nobel, e l’unico che ha ricevuto questo riconoscimento per avere inseguito un suo hobby, quello del trapianto, la sua vera passione fu sempre la chirurgia plastica). Chissà se quando è iniziato l’intervento - alle otto precise della mattina del 23 dicembre 1954 - avrà pensato, anche solo per un minuto, a tutto quello che sarebbe potuto succedere dopo