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Premi Antonio Feltrinelli - edizione 2020

Date: 
Tuesday, 21 July 2020

 

L’Accademia Nazionale dei Lincei ha assegnato i
Premi “Antonio Feltrinelli” che, in questo anno accademico,
erano riservati alle Scienze morali e storiche.

Il premio internazionale destinato alla materia Istituzioni monetarie è stato assegnato al prof. Mario  Draghi.

I vincitori dei premi destinati a cittadini italiani sono andati:

per la Filologia e Linguistica al prof. Gian Biagio Conte ;
per l’Archeologia al dott. Stefano De Caro;
per la Storia e Geografia al prof. Vincenzo Ferrone;
per le e Scienze filosofiche al prof. Sergio Landucci.

 

I quattro Premi “Antonio Feltrinelli Giovani”, riservati a cittadini italiani, che non abbiano superato il 40° anno di età alla data del 31 ottobre 2019, sono stati destinati:

per la Filologia e Linguistica a Lorenzo Mainini;
per la Storia e Cultura della musica a Nicola Usula;
per la Storia e Geografia a Guillaume Alonge;
per le Scienze filosofiche a Salvatore Carannante.

 

È stato inoltre assegnato il premio per un’impresa eccezionale di alto valore morale e umanitario al Gruppo Abele – Associazione onlus di Torino, avendo considerato sia l'operato storico del gruppo sia l’originalità del progetto Fuori di casa, dentro al mondo. Progetto di inclusione sociale rivolto a ragazzi ritirati sociali (Hikikomori).

(fotografia di Antonio Feltrinelli scattata da Emilio Sommariva nel 1916, conservata presso la Biblioteca Nazionale Braidense. Cfr. da http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-2y010-0008887/)

Si riportano di seguito le biografie professionali dei vincitori, oltre alle origini del Premio Antonio Feltrinelli.

Mario Draghi nasce come economista accademico, laureandosi in Italia, alla Università La Sapienza di Roma, con Federico Caffè, e diviene professore ordinario a 34 anni (dopo aver ottenuto il PhD al MIT, sotto la guida di Modigliani e Solow) grazie ai suoi lavori in tema di economia e politica monetaria. In questi campi ha fornito contributi di alto livello, con numerose pubblicazioni nelle principali riviste e con i maggiori editori internazionali.

Vanta una solidissima base teorica, alla quale aggiunge una straordinaria base tecnica tramite i suoi incarichi di elevata responsabilità nella gestione della politica economica italiana e internazionale: dal FMI alla Direzione Generale del Ministero dell’economia, al ruolo di governatore della Banca d’Italia e poi della Banca Centrale Europea, alla presidenza del Financial Stability Board. Sfruttando queste basi, adotta in tempi successivi misure che modificano gli assetti istituzionali dell’economia italiana e internazionale.

Infine, entreranno nella storia delle istituzioni monetarie le sue audaci e innovative scelte di politica economica con il cosiddetto “quantitative easing” e con le articolate e complesse misure di politica monetaria ad esso connesse, rivelatesi risolutive nel mantenere sotto controllo ripetute situazioni di crisi finanziarie ad alto potenziale nell’ambito della eurozona. Draghi ha così salvaguardato l’Eurozona e l’euro, permettendo inoltre all’euro di conseguire il ruolo di seconda valuta internazionale subito dopo il dollaro. In sintesi, ha saputo trasfondere l’ottima competenza scientifica di economista in altrettanta eccellenza nella concezione istituzionale e nella applicazione concreta di tale concezione nel governo della BCE, una delle più alte istituzioni monetarie mondiali.

 

Gian Biagio Conte ha insegnato Letteratura latina prima a Siena poi a Pisa (Università degli Studi, poi Scuola Normale Superiore) e anche, per lunghi periodi, a Oxford, Cambridge, Princeton, Berkeley, Stanford. È Corresponding Fellow della British Academy e Socio Ordinario dell’Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova. Dirige la rivista scientifica “MD. Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici” da egli stesso fondata. È autore di varie monografie (tradotte anche in inglese e diffuse nel mondo culturale anglosassone) che contengono feconde riflessioni su temi di storia letteraria, sempre sostenute da una rigorosa analisi dei testi.

Si è occupato soprattutto di poesia latina di età classica (Lucrezio, Catullo, Virgilio, Lucano). Di Virgilio ha curato, per la Bibliotheca Teubneriana, l’edizione critica dell’Eneide che è diventata ‘testo di riferimento’ per ogni studioso del poema virgiliano. L’edizione critica dell’Eneide si misura con le grandi imprese critico-editoriali del passato come quelle di Ribbeck, Mynors o quella di Remigio Sabbadini curata per gli “Scriptores Graeci et Latini” dell’Accademia dei Lincei, ma esplora ancora più a fondo il quadro complessivo della tradizione manoscritta di età antica e medievale e propone scelte testuali sempre meritevoli di grande attenzione. Nel volume Ope ingeni. Esperienze di critica testuale, Conte passa in rassegna e discute, con lucida visione critica, una serie di interventi congetturali sul testo di autori latini, fatti nel corso dei secoli da eminenti filologi.

 

Stefano De Caro, a lungo Ispettore di Soprintendenza nel Molise, a Pompei e in Campania ha assunto in seguito numerosi incarichi prestigiosi e impegnativi da Soprintendente a Direttore generale nel MiBACT. Inoltre, per la dimensione internazionale del suo impegno si debbono ricordare i prestigiosi incarichi attribuitigli come quello nell’ICCROM. Sul piano scientifico vanno citate le oltre 360 pubblicazioni che attengono a un ampio orizzonte tematico, dal polo cumano (che ha avuto una nuova attenzione dall’abitato alle fortificazioni, ecc.), all’analisi di urbanistica antica nell’intera Campania, agli studi sull’antica Puteoli, alle ricerche sul Sannio. Le sue attività scientifico/organizzative hanno avuto indubbio riscontro anche internazionale, come avvenne in occasione del semestre di Presidenza dell’Italia nell’Unione europea nel 2014, o attraverso la diffusione da lui curata con conferenze tenute in italiano, in inglese e in francese in Europa e non soltanto.  Nello stesso ambito vanno ricordate le numerose mostre organizzate in Italia e all’estero oltre alla sistemazione o all’apertura di importanti Musei archeologici come il Nazionale di Napoli e quello dei Campi Flegrei a Baia. Sempre sul piano organizzativo, ma anche scientifico per le numerose novità archeologiche, va infine ricordata la sua Direzione delle operazioni preventive durante i lavori per l’Autostrada Roma-Napoli.

 

Vincenzo Ferrone, professore di Storia Moderna dell’Università di Torino, è uno studioso ben noto a livello nazionale e internazionale avendo prodotto un amplissimo ventaglio di volumi e di articoli (non pochi dei quali tradotti nelle principali lingue europee, e anche in cinese) su un tema e su un periodo-chiave: l’illuminismo; specie sulla cultura scientifica e sulla rivoluzione culturale che l’illuminismo ha ispirato.

E ciò già in suo primo volume del 1982. “Scienza Natura Religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento” del 1982, come in uno recente del 2019, “Il mondo dell’illuminismo. Storia di una rivoluzione culturale”.

Sull’onda degli studi illuministici che hanno toccato numerosi aspetti, tra cui il sapere e le reti di sociabilità delle Accademie e della massoneria, il prof. Ferrone è giunto a studiare, raggiungendo notevoli risultati, anche il processo di affermazione dei diritti umani e del costituzionalismo democratico e repubblicano, come risulta dai volumi “La società giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell’uomo in Gaetano Filangieri” (2003), e “Storia dei diritti dell’uomo. L’illuminismo e la costruzione del linguaggio politico dei moderni” (2014).

Del prof. Ferrone è anche da segnalare la capacità di proporsi sul piano dei dibattiti connessi con l’eredità dell’illuminismo nella modernità, come dimostrano altri suoi volumi, ad esempio quello su “Le radici illuministiche della libertà religiosa” (2005).

 

Sergio Landucci, dopo la laurea in filosofia all’Università di Pisa e il perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore, Sergio Landucci (Sarzana 1938) è stato assistente di Cesare Luporini all’Università di Firenze. Nel 1968 è diventato ordinario di Filosofia morale all’Università di Firenze, dove ha insegnato fino al 2002. La sua produzione testimonia un impegno nella ricerca per ben oltre mezzo secolo, a partire dalla sua prima monografia, Cultura e ideologia in Francesco De Sanctis (Feltrinelli nel 1964, poi ristampata nel 1977), che gli valse il Premio Pozzale Luigi Russo.

Tra gli studi monografici dei decenni successivi meritano di essere messi in evidenza quelli dedicati alla filosofia di Hegel, nei quali ha lumeggiato alcuni degli aspetti più significativi della Fenomenologia dello spirito (Hegel. La coscienza e la storia, La Nuova Italia 1976) e ha condotto una disamina puntuale del concetto hegeliano di “contraddizione” (La contraddizione in Hegel, La Nuova Italia 1978).

Già nel 1972, tuttavia, Landucci si era imposto all’attenzione degli studiosi con un libro (I filosofi e i selvaggi, Laterza 1972, nuova edizione Einaudi 2014) innovativo sia per la tematica affrontata - il complesso e variegato dibattito filosofico che per circa due secoli si sviluppò in Europa sul tema dei “selvaggi” americani - sia per il metodo d’indagine. Di notevole valore, anche per l’influenza che hanno esercitato, sono le ricerche dedicate da Landucci a Descartes e all’età cartesiana (La teodicea nell’età cartesiana, Bibliopolis 1986; La mente in Cartesio, Franco Angeli 2002), così come le sue traduzioni con introduzioni ed apparati critici delle Meditazioni metafisiche (Laterza 1997 ristampate più volte) e dell’Etica di Spinoza (Laterza 2009; nuova edizione nel 2017). Nell’ambito dei suoi interessi per il pensiero libertino, conviene inoltre ricordare l’edizione critica della Lettre de Thrasybule à Leucippe (Olschki 1986), nella quale ha fornito argomenti probanti per la sua attribuzione a Nicolas Fréret.

Landucci ha recato contributi originali anche all’analisi dell’etica kantiana (Sull’etica di Kant, Guerini 1994; La critica della ragion pratica di Kant: introduzione alla lettura, Nuova Italia scientifica 1993, ristampe 1997, 2001, 2010).

I saggi negli ambiti di ricerca fin qui delineati non esauriscono gli interessi di Landucci, il quale si è misurato negli ultimi anni con altre problematiche centrali della storia del pensiero filosofico, come il dibattito teologico sull’esistenza di Dio da San Tommaso a Kant (I filosofi e Dio, Laterza 2005) e la disputa sulla “doppia verità” dal Medioevo all’età moderna (La doppia verità. Conflitti di ragione e fede tra Medioevo e prima modernità, Feltrinelli 2006).

Alla cospicua serie delle monografie vanno aggiunti gli innumerevoli contributi di Landucci apparsi sulle riviste di settore dai quali viene confermata la sua notevole caratura di storico dei protagonisti e dei grandi problemi della filosofia.

 

Lorenzo Mainini, conta rapporti con istituzioni straniere prestigiose (Université Catholique di Lovanio, École Nationale de Chartes di Parigi); ha conseguito due premi (il “30 anni di Dottorato Sapienza” e il Lauréat Fernand Braudel-IFER), dimostra, grazie alle sue pubblicazioni particolarmente numerose, interessi assai più ampi, capacità di affrontare problematiche complesse, controllo e trattamento scientifico di materiali quantitativamente rilevanti e qualitativamente eterogenei con risultati originali e convincenti. Tra le due monografie di Mainini, entrambe eccellenti, di speciale interesse e importanza è il saggio Gli anni della tradizione: testi, codici e culture (secc. XII ex. – XIV in.). Capitoli per una storia materiale, in cui Mainini studia la ‘biblioteca’ o, se si vuole, la memoria testuale circolante in quei secoli soprattutto tra Italia e Francia. Questa ‘biblioteca’ presa in esame – intesa come luogo nevralgico, crogiuolo, in cui nascono dalle forme tradizionali le nuove forme dell’Europa moderna -  è assai ampia, giacché consta di una base di circa 2000 manoscritti e risulta indagata secondo la prospettiva della filologia materiale: l’assunto è che non esiste testo distinto dalla sua materialità, dal supporto che permette di leggerlo, il manoscritto, e che quindi non esistono comprensione e interpretazione di uno scritto che possano prescindere dai modi e dalle forme in cui raggiunge il suo fruitore. Mainini mostra che, nella trasmissione dei testi, modifiche materiali del manoscritto (formato, scrittura, impaginazione o altro), talora anche non vistose, possono indicare un diverso statuto delle opere, un mutamento di posto di queste all’interno di un canone, e possono talora guidare il iudicium in sede di critica testuale. Il convergere di questi diversi filoni di indagine (dalla codicologia all’interpretazione letteraria e all’ecdotica) in una prospettiva unitaria di indagine è uno dei tratti più originali dell’opera di Mainini. La quale, altresì, si può considerare un’opera coraggiosa anche per la scelta del periodo: l’arco di tempo tra lo scorcio del secolo XII e l’inizio del XIV è, infatti, un periodo di storia della cultura fortemente articolato e complesso giacché di profondi mutamenti negli statuti del sapere. In particolare Mainini ricostruisce un panorama senza precedenti nell’ambito del mondo romanzo, operando su terreni che richiedevano competenze molteplici (oltre che filologiche, anche giuridiche, teologiche, filosofiche), contribuendo a fornire dati di grande importanza sulla circolazione e diffusione della cultura dei primi secoli del ‘volgare’. In quest’ambito del mondo romanzo il segmento più interessante e complesso affrontato da Mainini è quello delle traduzioni in lingue romanze dei testi scientifico-filosofici arabi: una problematica in cui si richiedono competenze particolari, peraltro assai scarsamente affrontate in Italia.

 

Nicola Usula si è laureato a Cagliari (2007), indi a Bologna (2010), addottorato in Musicologia e Storia della musica (2014).

I suoi studi vertono in particolare sull’opera italiana del Seicento, con un approccio primariamente filologico. I lavori più significativi (tutti corredati dell’edizione critica del o dei libretti corrispondenti) sono: lo studio analitico condotto sul Novello Giasone (l’opera di Cicognini e Cavalli, Venezia 1649, rinnovata da Apolloni e Stradella, Roma 1671), apparso a corredo del facsimile della partitura («Drammaturgia musicale veneta», 3, Milano - Venezia  2013; il lavoro ha dato origine all’allestimento dell’opera nel Festival della Valle d’Itria a Martina Franca nel luglio 2011 e una registrazione discografica Bongiovanni); l’edizione critica dell’Orione di Francesco Cavalli, 1653 (a quattro mani con Davide Daolmi, per la serie  «Francesco Cavalli: Opere», Kassel 2015); lo studio sulla partitura della Finta pazza di Strozzi e Sacrati (ca. 1644) e sulla collezione di manoscritti operistici conservata nell’archivio Borromeo all’Isola Bella («DMV», 1, Milano - Venezia 2018); la monografia «Cavato dal spagnuolo e dal franzese»: fonti e drammaturgia del “Carceriere di sé medesimo” di Lodovico Adimari e Alessandro Melani (Firenze 1681), premiata dall’Associazione Sigismondo Malatesta (Pisa, Pacini, 2018).

La librettologia è il campo d’elezione di Nicola Usula, che in ragione dell’esperienza maturata e della competenza esibita è stato chiamato come collaboratore a contratto in due ambiziosi progetti stranieri pluriennali: il Lise Meitner Programme Postdoc Fellowship (FWF, n. M.2252), nel Dipartimento di Lingue romanze dell’Università di Vienna: Viennese Opera by Italian Librettists (1620-1705); e il progetto ERC advanced grant dell’Instituto Complutense de Ciencias Musicales, Universidad Complutense de Madrid, Didone Project: the Sources of Absolute Music – Mapping Emotions in Eighteenth-Century Italian Opera (estate 2019–).

Ha lavorato anche alla Yale University per un semestre (2012), nello Yale Baroque Opera Project, promosso e diretto da Ellen Rosand. Per brevi periodi ha collaborato a diversi progetti di ricerca italiani ed europei. Oltre a svariati articoli recentissimi o imminente, in parte derivati da convegni interdisciplinari italiani e stranieri, sta accudendo all’edizione critica del Giasone di Francesco Cavalli per la citata serie Bärenreiter: impresa mai tentata prima (l’opera, fortunatissima nel Seicento, è documentata da dodici partiture manoscritte e una cinquantina di libretti a stampa).

 

Guillame Alonge  è nato nel 1985. Ha conseguito il dottorato in storia nel 2013 all’interno di un programma di dottorato europeo in cotutela tra il SUM/SNS e l’EHESS, l’abilitazione all’insegnamento universitario in Francia in “Storia e Civiltà moderna e Contemporanea” (qualifica alla funzione di maître de conférence) nel 2014, riconfermata nel 2018 e l’ASN a professore di seconda fascia in Storia Moderna (11/A2) nel 2017. La spiccata valenza internazionale del suo profilo è comprovata dalle molteplici esperienze di ricerca presso istituzioni prestigiose in Svizzera e in Francia, dalla intensa partecipazione a convegni e seminari internazionali, dall’attività di docenza presso l’Università di Aix-Marseille. Usufruisce attualmente di una borsa post-dottorale di durata triennale dell’Università di Neuchâtel. Alonge è autore, oltre che di numerosi articoli e saggi pubblicati in volumi collettanei e in riviste di riconosciuto livello, di due solide monografie. L’ampio volume “Condottiero, cardinale, eretico. Federico Fregoso nella crisi politica e religiosa del Cinquecento” (Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2017), attraverso il prisma della sfaccettata biografia di un protagonista della storia politica e religiosa del Cinquecento italiano, apporta un contributo originale e innovativo al dibattito sul dissenso religioso in Italia nel più ampio contesto delle correnti riformatrici europee, mostrando l’importanza dell’evangelismo francese per numerose figure dell’Italia pretridentina e per Fregoso in particolare. La seconda monografia, Ambasciatori. Diplomazia e politica nella Venezia del Rinascimento (Roma, Donzelli, 2019), facendo ricorso ad un ampio ventaglio di fonti, illustra in maniera problematica i molteplici ruoli degli ambasciatori di Francia a Venezia, snodo cruciale con il mondo ottomano, e la funzione di tramiti che essi svolsero a molti livelli. Questo volume apre piste di ricerca che intersecano la storia politica, la storia religiosa e la storia culturale europea tra Rinascimento e Controriforma superando il settorialismo specialistico che caratterizza sovente ciascuno di questi ambiti.

 

Salvatore Carannante ha acquisito l’abilitazione scientifica nazionale per il settore Storia della filosofia nel 2013 a professore associato e nel 2016 a professore ordinario. Il nucleo principale delle sue ricerche è costituito dalla filosofia del Rinascimento, in particolare dalla figura di Giordano Bruno, sulla quale ha pubblicato tre volumi (Giordano Bruno e la caccia divina, 2013; Giordano Bruno e la filosofia moderna, 2016; Unigenita natura: Dio e universo in Giordano Bruno, 2018) e vari articoli. In essi e nelle numerose voci composte per l’enciclopedia bruniana (Giordano Bruno. Parole concetti immagini, 2014) Carannante ha fornito importanti contributi al chiarimento di questioni centrali del pensiero di Bruno, esplorando anche i suoi complessi rapporti con tradizioni filosofiche del passato, quali la tradizione aristotelica e il neoplatonismo, fatti di riprese, ma anche di trasformazioni e capovolgimenti non di rado radicali. A ciò ha affiancato lo studio delle interpretazioni moderne del pensiero di Bruno e, più in generale, del Rinascimento e della Riforma, con saggi su Croce e su Aby Warburg. Un ulteriore ambito delle sue ricerche è costituito dalla filosofia di Hegel, in particolare dal suo pensiero politico. Egli ha studiato l’interpretazione hegeliana del Principe di Machiavelli, nel volume Un Teseo per la nuova Germania (2018), e ha analizzato in parallelo la concezione hegeliana del rapporto signoria e servitù, in parallelo con la posizione di Tocqueville. Ha poi istituito un confronto tra le concezioni di Jacob Burckhardt e di Max Weber della democrazia e della modernità. La sua più recente linea di indagini è imperniata sulla figura di Leonardo da Vinci, sulla quale ha cominciato ad avviare le prime esplorazioni.

 

Il Gruppo Abele è un’associazione con sede a Torino che opera dal 1965, diretta da don Luigi Ciotti, per contrastare le situazioni di emarginazione, disuguaglianza e povertà. Svolge attività sociale di accoglienza, cultura e cooperazione allo sviluppo, grazie al lavoro di dipendenti, collaboratori, volontari e una fitta rete di relazioni e interazioni che dal Piemonte si estende al territorio nazionale. Le attività di accoglienza, rivolte in primis a persone tossicodipendenti, alcoliste, minorenni, hivpositive, migranti, vittime di tratta, violenza o altri reati offrono comunità terapeutiche, case alloggio, assistenza domiciliare, ospitalità notturna. Il Gruppo Abele svolge una intensa attività di informazione, attraverso una casa editrice propria, e di formazione, con accreditamento presso il MIUR per il personale della scuola. Il forte impegno sociale del gruppo Abele ben emerge dal suo ruolo nell'organizzazione di un consorzio di cooperative sociali (Consorzio Abele-lavoro) attive in diversi settori produttivi e commerciali, cui si deve aggiungere l'attività dell’associazione Libera (di cui Luigi Ciotti è presidente) con la creazione di molte cooperative di giovani nei terreni agricoli confiscati alle mafie. Parallelamente all'attività in Italia, l'opera di cooperazione allo sviluppo da parte del Gruppo Abele si svolge anche all’estero, prevalentemente in Africa e in Messico con progetti di inserimento sociale e lavorativo.

Il progetto  “Fuori di casa, dentro al mondo. Progetto di inclusione sociale rivolto a ragazzi ritirati sociali (Hikikomori)” si misura con un’attività nuova per il gruppo Abele. Si propone infatti di affrontare un fenomeno che - già osservato in Giappone - si sta rapidamente estendendo anche in Italia: giovani, che talvolta già a partire dalla pre-adolescenza, si rinchiudono in casa nella propria stanza, isolandosi dal contatto con altre persone e vivono utilizzando unicamente la connessione telematica, spesso con l’inversione degli orari sonno-veglia. Questo comportamento si insinua progressivamente e comporta la rarefazione della frequenza scolastica e dei rapporti sociali, fino ad un completo isolamento anche rispetto alla famiglia. Il mondo virtuale finisce per sostituire del tutto quello reale. Numerosi psicologi hanno studiato tale fenomeno sotto l’aspetto psico-sociale, rilevando un comportamento difensivo e auto-protettivo dei soggetti rispetto a una società percepita come troppo esigente e richiedente standard prestazionali da cui rifuggono, per cercare e spesso trovare la soluzione in un rapporto esclusivo e autoreferenziale con il mondo di internet.

Partendo da numerose richieste di aiuto arrivate negli ultimi anni da parte di genitori e da segnalazioni da parte di scuole, il progetto del Gruppo Abele prevede di reintegrare a una vita ordinaria di minore sofferenza i soggetti isolatisi, grazie a interventi personalizzati, educativi-socializzanti, che richiedono la creazione di rapporti con altri ragazzi. In accordo con il modello operativo del gruppo Abele, si prevede la creazione di laboratori, con la presenza di educatori professionali e di psicologi, per favorire la valorizzazione delle capacità individuali e la creazione di relazioni sociali. Anche se in Italia alcune associazioni che operano a Milano hanno già affrontato questo problema emergente, la proposta del gruppo Abele si presenta come molto originale nel prevedere l'istituzione di un “centro diurno” da organizzare in un edificio a disposizione del gruppo in una zona molto centrale di Torino. Grazie ad una serie di varie attività, basate su laboratori musicali, di espressione corporea, di disegno e per mezzo di apposite tecnologie di apprendimento, il centro si configura come trampolino verso un ambiente esterno adeguato, da individuare in accordo con i servizi del territorio in base alle caratteristiche dei singoli ragazzi.

Il progetto non è solo un progetto operativo, dal momento che si intende affiancarlo con una ricerca condotta sotto la direzione del CNR di Pisa, area dipendenze, il cui riferimento è la dott.sa Sabrina Molinaro, accreditata presso l’EMCDDA di Lisbona (l’Osservatorio europeo che si occupa principalmente di giovani, uso di sostanze e comportamenti a rischio). La ricerca quali-quantitativa avrà lo scopo di stimare la diffusione del fenomeno, che al momento non è definita, anche per la confusione e la sovrapposizione con la dipendenza da internet. Ottenere dei dati affidabili, consentirebbe di definire meglio la tipologia di servizi (sociali, sanitari e educativi) che, in un lavoro di rete e in collaborazione con altre associazioni sensibili alla problematica, potrebbero essere attivati sul piano nazionale.

 

LE ORIGINI DEL PREMIO ANTONIO FELTRINELLI

Antonio Feltrinelli nasce a Milano il 1° giugno 1887 da Giovanni Feltrinelli, nipote di Giacomo e zio di Giangiacomo, fondatore della Società Collettiva Feltrinelli da cui sarebbe in seguito sorta la società per azioni Fratelli Feltrinelli, con le varie società collegate.

Figura di notevole rilievo nel campo economico e finanziario italiano, Antonio Feltrinelli assume la direzione degli affari del gruppo familiare nel 1935.

Quando, dopo la morte dei fratelli, rimane solo, decide di disporre della sua fortuna personale per fondare una grande istituzione culturale italiana "sul tipo della Fondazione Nobel ". Pertanto, nel testamento del 15 marzo 1936 (pubblicato nel 1942) dispone che venga costituito un fondo inalienabile e perpetuo destinato a: "premiare il lavoro, lo studio, l'intelligenza, quegli uomini insomma che maggiormente si distinguono in alte opere, nelle arti, nelle scienze, poiché essi sono i veri benefattori del proprio paese e dell'umanità ". 

Il "Fondo Antonio Feltrinelli" è un patrimonio autonomo e inalienabile, gestito dall'Accademia Nazionale dei Lincei al fine di conferire premi nazionali e internazionali a persone che si siano rese illustri nelle scienze e nelle arti. (Per il premi conferiti negli anni precedenti si rimanda a https://www.lincei.it/it/premi-antonio-feltrinelli).

Per ulteriori info:

Barbara Notaro Dietrich cell 3487946585; b.notarodietrich@gmail.com

 

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istituzionale