Il 20 ottobre 2021 si è spento nella sua Milano, dove era nato nel 1922, Maurizio Vitale, socio corrispondente dal 1994, nazionale dal 2001. Vitale è stato tra i fondatori della Storia della lingua italiana come disciplina accademica, insegnandola come ordinario nella Statale di Milano dal 1957 fino al pensionamento. La sua attività di ricerca è stata vastissima e si è protratta, instancabilmente, per poco meno di settant’anni: si può dire che lo studioso abbia attraversato tutti i momenti costitutivi della nostra storia linguistica, con una particolare e specifica attenzione alla lingua dei grandi classici, indagati in primo luogo nella compagine propriamente linguistica, dalla fonetica al lessico, con riguardo, tutte le volte che se ne desse l’occasione, al dinamismo delle varianti.
Al 1956, nella gloriosa collana dei classici UTET, risale una sua antologia di Rimatori comico-realistici del Due e Trecento; al 1960 una monumentale monografia con un ricchissimo apparato di note, La questione della lingua (nuova edizione nel 1984) che è, senza paragoni, quanto di più organico e approfondito sia stato scritto sull’argomento. Sensibile alla tradizione classicistica, che tanto ha segnato il profilo linguistico e culturale dell’Italia, Vitale riprende oltre trent’anni di ricerche (dal 1951 al 1983) nel volume La veneranda favella; a un tema ben distinto ma parallelo, la storia del purismo, è dedicata la raccolta L’oro nella lingua (1986), che, accanto ad alcuni inediti, raccoglie saggi dal 1950 in poi.
Dagli anni Novanta lo studioso rivolge la sua attenzione ai grandi classici della nostra storia letteraria, spaziando dal Tre al Novecento, dalla prosa alla poesia. Colpisce non solo la qualità, ma il ritmo di questo suo impegno, frutto di una dedizione totale alla ricerca scientifica, perseguita fino agli ultimi anni (ben tre dei saggi che citeremo sommariamente sono stati scritti quando l’autore aveva superato i novant’anni). Ecco dunque il Manzoni dei Promessi Sposi (1992), il Leopardi delle Operette morali (1992), il canzoniere petrarchesco (1996), il Boccaccio del Decameron, studiato confrontando due diverse redazioni, quella del codice Palatino, che riflette un assetto risalente agli anni 1349-1352, e quella consegnata all’autografo hamiltoniano (2002), il Bacchelli del Mulino del Po, uno scrittore a cui Vitale è stato legato da rapporti di grande amicizia (1999), Il Tasso epico (2007), il Trissino poeta epico (2010), la prima edizione dell’Orlando Furioso (2012), il Parini (2014), la Scienza nuova di Vico (2016), il D’Annunzio del Fuoco e della Città morta (2018).
Chiunque abbia conosciuto anche superficialmente Maurizio Vitale restava colpito dal suo tratto signorile, di rara, antica eleganza. Chi poi abbia avuto la fortuna di una lunga consuetudine personale ne ha sperimentato il forte sentimento dell’amicizia e il senso delle istituzioni. L’Accademia dei Lincei lo ha visto partecipare con straordinaria assiduità alle sedute mensili, in cui egli non mancava di offrire il suo contributo di esperienza e di saggezza alle decisioni che l’assemblea si trovava a deliberare.
22 ottobre 2021