Il 27 febbraio è scomparso a Münster Harald Weinrich, uno dei più grandi e originali linguisti e filologi romanzi del Novecento, socio straniero dell'Accademia dei Lincei dal 2003, professore emerito di Lingue e letterature romanze al Collège de France, dopo essere stato professore ordinario in varie università tedesche. Sarebbe riduttivo confinarlo a una singola specializzazione poiché egli fu filologo, linguista, scienziato della letteratura, antropologo, capace di coniugare al livello più alto e innovativo linguistica e letteratura, scienze umane e scienze naturali.
Autore di memorabili saggi e libri tradotti in italiano e in numerose altre lingue (Tempus. Le funzioni del tempo nel testo, Linguistica della menzogna, Metafora e menzogna. Per una storia letteraria del Lettore, Mémoire linguistique de l'Europe, La memoria di Dante, Il polso del tempo, Lete, fra gli altri), è impossibile tracciare in breve i contributi offerti agli studi e alla riflessione, anche al di là della ricerca pura, come nelle belle quartine dedicate alla saggezza degli animali (Vom Leben und Lesen der Tiere. Ein Bestiarium). Quasi ogni suo saggio e ogni suo libro hanno portato a un diverso modo di interpretare un'opera o un fenomeno linguistico e letterario, anche perché la sua ricerca e il suo insegnamento sono state caratterizzate da una fortissima interdisciplinarità (fu anche uno dei fondatori della rivoluzionaria università di Bochum) e da un'apertura al mondo che lo ha portato a una profonda riflessione sul rapporto fra Soggetto e Testo, fra Presente e Passato e sulla funzione e il ruolo dell'Europa nel mondo contemporaneo.
Allievo di Heinrich Lausberg, autore del monumentale Handbuch der literarischen Rhetorik, a sua volta allievo di Ernst Robert Curtius, autore dell'altrettanto monumentale Letteratura europea e Medioevo latino, aveva accolto dal primo un'attenzione primaria per la retorica come scienza del rapporto fra Emittente e Ricevente, dal secondo la convinzione e la passione, dopo gli orrori del nazismo e della seconda guerra mondiale, per un'Europa capace di superare i nazionalismi e di riconoscere anche i limiti delle proprie frontiere. L'attenzione per l'altro versante della comunicazione e del testo, il Lettore, il Ricevente, si dispiegò quindi anche come attenzione verso l'Altro, il co-protagonista di un'Europa che prima di tutto doveva riconoscere che la mobilità europea «aveva portato più disordine e inquietudine nel mondo che non tutte le migrazioni che si dirigono verso l'Europa».
Uno studioso e un uomo che della disponibilità e dell'amore-charitas verso gli altri studiosi ma anche verso quel che definiva «l'interlocutore sconosciuto», cui prima di tutto si rivolgeva nei suoi scritti, ha fatto un principio fondamentale della propria ricerca e della propria vita. Lascia un vuoto incolmabile per gli studi e per chiunque abbia avuto il privilegio di conoscerlo.