Immigrazione irregolare
Documento della Commissione Covid-19
Le attuali vicende sanitarie, sociali ed economiche, stanno esigendo un alto prezzo all’intera popolazione Italiana. L’esplosione della nuova patologia genera dolore e morti; causa la sofferenza delle imprese, l’alta disoccupazione e la caduta dei redditi; la paralisi nei rapporti sociali accentuata dal blocco della mobilità; una diffusa incertezza circa il futuro. Nell’attesa che la comunità scientifica individui farmaci e vaccini capaci di dominare la causa primaria della crisi, è urgente individuare e porre in atto quegli interventi, da attuare velocemente, per attenuarne gli effetti negativi e prevenirne altri che potrebbero a breve profilarsi.
Si valuta che in Italia vivano, in condizioni di regolarità, cinque milioni e mezzo di stranieri, cui vanno aggiunte 600mila persone in situazione di irregolarità. Quest’ultima è una cifra elevata, pari a circa l’1 per cento della popolazione, ma in linea con i livelli di irregolarità prevalenti in Europa. Va anche detto che si tratta di una collettività molto eterogenea, nella quale coesistono sia persone entrate legalmente nel paese, che perdono titolo a risiedervi dopo avervi vissuto con un lavoro regolare, sia persone entrate illegalmente e che fin dal loro arrivo hanno vissuto e lavorato nell’ombra. Gli stranieri migranti, è ben noto, sono coloro che più soffrono in caso di crisi, perdono più frequentemente lavoro e risorse, sono spesso privi di reti familiari di appoggio, e se non sono poveri corrono un alto rischio di cadere in povertà. Tra i migranti sono gli irregolari quelli che soffrono il grado più alto di povertà, che si aggiunge alla vulnerabilità insita nel loro status giuridico. Sugli irregolari pende la minaccia di essere individuati e sottoposti a procedimenti di espulsione (di fatto raramente eseguiti), con permanenza nei centri di accoglienza; ingiunzioni, peraltro disattese, ad ottemperare all’ordine di rimpatrio; ricaduta nello stato di clandestinità.
Il consistente numero di irregolari, in Italia come altrove, presenta complesse criticità che attengono alla riforma della normativa migratoria, alle politiche per circoscrivere le attività sommerse che attraggono il lavoro nero, alle politiche di integrazione. Sono questioni aperte la cui soluzione richiede tempi relativamente lunghi, non incalzati da urgenze e emergenze. È su queste ultime, però, che prioritariamente deve dirigersi l’azione di governo. E le urgenze sono di duplice natura. La prima è quella sanitaria, la seconda quella economica.
Urgenza sanitaria. L’irregolarità accentua la vulnerabilità al virus Covid-19 e il rischio di diffusione. Ciò dipende dalle condizioni ambientali nelle quali molti irregolari vivono: in centri di accoglienza, baraccopoli, struttura dismesse, case occupate, ricoveri precari di ogni genere. Luoghi mancanti di servizi, di igiene, spesso densamente, quanto precariamente, abitati. L’immigrato, se contagiato, non è confinabile in un’abitazione che non possiede. L’irregolare sfugge i presidi ospedalieri e si avvale, piuttosto, dei presidi sanitari predisposti da associazioni caritative e volontarie. Non è raggiunto dalle informazioni necessarie per la sua sicurezza. Non è tracciabile o rintracciabile. Il loro alto numero rende difficile, se non impossibile, una serie di interventi di contrasto all’epidemia, quali la somministrazione di appropriati test sanitari o il tracciamento e il monitoraggio dei contagiati. L’irregolare rimane fuori dalla copertura offerta dal sistema sanitario, che pure ha natura universalistica. In presenza dunque di un’epidemia di virus particolarmente contagioso, gli irregolari corrono alti rischi personali e, più del cittadino medio, costituiscono un veicolo di diffusione. L’esempio di Singapore, dove negli ultimi giorni l’epidemia si è riacutizzata per l’esplosione di nuovi casi nei dormitori per lavoratori stranieri, ce lo dimostra. È urgente, dunque, che questo mondo sommerso venga alla luce, per la sicurezza di tutti.
Urgenza economica. Questa è costituita soprattutto, ma non solamente, dalla mancanza di manodopera in agricoltura, nel periodo dell’anno nel quale l’attività agricola è più intensa. Molti lavoratori stranieri, in vista del blocco delle frontiere, sono rientrati in patria, nell’est europeo. L’annuale decreto flussi per lavori stagionali non è stato ancora attivato e comunque negli anni è stato fortemente ridimensionato nei numeri. La Ministra Bellanova ha lanciato molteplici allarmi e recentemente ha ricordato, in Parlamento, che mancano tra 250 e 370mila lavoratori nelle campagne, col rischio di compromettere un’alta quota della produzione agricola. Le stesse gravi preoccupazioni sono espresse in continuazione dalle organizzazioni imprenditoriali e di categoria, dai sindacati, dalle associazioni, dagli esperti. Ma anche molte altre attività, tra cui principalmente quelle dedicate ai servizi della persona (colf e badanti) soffrono per il blocco alla mobilità che impedisce ai lavoratori comunitari di entrare, o rientrare in Italia, mentre agli irregolari è impedito di uscire.
L’urgenza sanitaria e l’urgenza economica consigliano che venga attuato dal governo un provvedimento che permetta l’emersione dallo stato di irregolarità delle centinaia di migliaia di immigrati che si trovano sul territorio nazionale. Altri paesi in Europa, primo tra tutti il Portogallo, stanno attuando simili provvedimenti. Circola in Parlamento una bozza di disegno di legge che permette, “al fine di sopperire alla carenza di lavoratori nei settori dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca e dell’acquacultura”, una regolarizzazione della posizione di migranti cui venga offerto un contratto di lavoro subordinato, della durata non superiore a un anno. Il Ddl contiene, naturalmente, numerose clausole consuete in questa tipologia di provvedimenti, riguardanti l’esclusione dal provvedimento, l’iter della procedura, la stipula del contratto di soggiorno, i rinnovi e altro ancora. Un provvedimento di questa natura, che sicuramente contribuisce alla soluzione dell’emergenza economica in agricoltura (ma non di altri settori), non risolve invece l’emergenza sanitaria, perché renderebbe visibile solo una quota – probabilmente non maggioritaria – degli irregolari, lasciando gli altri nello stato di insicurezza personale e collettiva propria del loro status precario ed escluso. Si ritiene quindi necessario che il provvedimento venga esteso anche agli altri settori economici e coinvolga tutti i datori di lavoro, siano questi imprese o privati cittadini. Naturalmente residuerebbe una quota di irregolari che per vari motivi non troverebbero un contratto, e ai quali potrebbe essere concesso un permesso temporaneo di soggiorno per motivi umanitari, giustificato dall’emergenza sanitaria.
La Commissione Lincea Covid-19 ritiene che provvedimenti in linea con quanto sopra proposto abbiano carattere di assoluta urgenza, anche in vista della cosiddetta “fase 2”, cioè del ritorno al normale funzionamento della società, che richiederà un attento monitoraggio e controllo, specialmente per quelle aree e per quelle collettività che si ritengono a rischio, e che potrebbero amplificare eventuali nuove ondate del contagio. La Commissione inoltre ritiene che una società bene organizzata non possa a lungo sostenere la presenza sul proprio territorio di una numerosa collettività, tra l’altro in crescita numerica, giuridicamente esclusa e socialmente emarginata, come è quella degli immigrati irregolari. Ne soffre quella coesione nazionale, già compromessa dalle crescenti disuguaglianze, che è un pilastro sul quale poggia la convivenza civile. Per queste ragioni, una estesa regolarizzazione degli immigrati è nell’interesse di tutti.
Roma, 23 aprile 2020
I pareri espressi dalle Commissioni Lincee rientrano nella loro autonoma responsabilità.