Documento sulla sperimentazione animale
Documento della Commissione Salute
Nel nostro Paese, difficoltà della Ricerca biologica a medica esistono da molto tempo. Per decenni, infatti, il finanziamento nazionale è stato limitato rispetto a quello degli altri Paesi avanzati. Interventi qualificati di finanziamento della nostra Ricerca sarebbero quindi urgenti. Finora, infatti, le limitazioni sono state ridotte soltanto dall’impegno della nostra comunità scientifica e dalle sue collaborazioni con realtà internazionali. In particolare, per molti laboratori il finanziamento statale è stato integrato da grants ottenuti a livello europeo ed internazionale, e anche da Fondazioni italiane sostenute dalla generosità di privati. Non è quindi sorprendente che valutazioni, rilasciate da giornali scientifici di grande prestigio e da istituzioni indipendenti, abbiano riconosciuto il livello e la produttività di settori della nostra Ricerca come vicini e, in alcune realtà, addirittura superiori a quelli degli stati competitivi.
Possiamo quindi concludere che in Italia la Ricerca biologica e medica va abbastanza bene? Purtroppo no. Per questa ricerca, infatti, un aspetto fondamentale ed irrinunciabile è basato sull’uso sperimentale di animali, necessari come modelli per il progresso delle conoscenze e per lo sviluppo di interventi medici e terapeutici. E da anni l’uso degli animali è divenuto un grave problema.
La sperimentazione animale, una componente attualmente irrinunciabile della Ricerca, è stata combattuta da gruppi di animalisti che, senza valide argomentazioni, hanno promosso leggi che la ostacolano in base a problemi etici. I ricercatori sono coscienti degli aspetti etici legati all’impiego degli animali. Essi hanno perciò sviluppato strumenti, quali modelli matematici e processi tecnologici in vitro, che ne riducono l’uso, oggi limitato quasi esclusivamente a topi e ratti. Sull’impiego degli animali gli altri Paesi europei hanno accettato il Regolamento promosso dall’Unione (Direttiva 63/2010) in cui sono state fissate condizioni analoghe per tutti. L’Italia purtroppo non si è adeguata alla Direttiva, rispondendo con il Decreto Legislativo 26/2014. Questo Decreto, infatti, contrariamente all’articolo 2 della Direttiva Europea, ha introdotto condizioni restrittive che, di fatto, costringono i ricercatori italiani ad operare in condizioni assai svantaggiate rispetto ai colleghi stranieri. In particolare le condizioni italiane impongono:
1.La moltiplicazione dei controlli necessari per l‘approvazione dei progetti di ricerca. Basti pensare che, anche per l’impiego di un singolo topo, è necessario riempire questionari e descrivere minuziosamente il protocollo di ricerca che deve poi passare attraverso quattro Comitati di valutazione: il Comitato Etico animale, il Comitato del Benessere animale e altri due Comitati promossi l’uno dall’ Istituto Superiore di Sanità e l’altro dal Ministero della Salute. Nei casi, rari ma importanti, che richiedono l’interazione con animali superiori come le scimmie, è richiesto anche un quinto parere, anch’esso promosso dal Consiglio Superiore di Sanità. Il percorso dei quattro Comitati da un lato dura parecchi mesi, ritardando in modo inaccettabile il flusso e la continuità della ricerca; dall’altro lato è eccessivo. Anche i progetti di ricerca nell’uomo non richiedono, infatti, l’approvazione di quattro Comitati ma di uno solo, il Comitato Etico.
2.Il pagamento di una tassa. Per ogni progetto, infatti, è divenuto necessario il pagamento preventivo di una somma significativa, che alla fine risulterà sottratta al finanziamento della ricerca.
3. La proibizione di esperimenti scientificamente rilevanti. In modo del tutto ingiustificato la legge italiana proibisce l’impiego di animali per studiare le sostanze d’abuso e per sviluppare gli xenotrapianti. Si tratta di argomenti importanti, collegati anche a diversi settori della scienza. Negli anni passati, i vari governi hanno sospeso temporaneamente queste proibizioni. Al momento la scadenza è prevista per la fine dell’anno 2020, e il prolungamento non è sicuro.
In base al complesso di queste considerazioni, la Commissione Salute dell’Accademia Nazionale dei Lincei ritiene necessario e urgente sollecitare al Governo la rapida eliminazione del Decreto Legislativo 26/2014. Dopo sei anni dalla sua approvazione, questo Decreto continua a danneggiare molteplici aspetti importanti della nostra Ricerca scientifica, per esempio rendendo difficile la collaborazione con colleghi stranieri di prestigio, necessaria per ottenere fondi europei; scoraggiando il rientro da altri Paesi dei ricercatori italiani più brillanti; rendendo impossibile la presenza in Italia dei laboratori preclinici delle industrie farmaceutiche multinazionali. Insieme alla Ricerca sperimentale questa legge provoca quindi effetti gravissimi anche a livello medico.
L’eliminazione del Decreto Legislativo 26/2014 sarebbe di grande importanza non solo per lo sviluppo e la difesa della Ricerca. Una sciagura come la pandemia COVID-19, oltre alle sofferenze, ai decessi, ai gravi problemi sociali ed economici, ha messo l’intero paese di fronte al ruolo della Ricerca e della Medicina, strumenti essenziali per la protezione e per il futuro di noi tutti. A nostro giudizio, quindi, l’eliminazione del Decreto sarà ampiamente riconosciuta come di grande importanza per il nostro Paese.
25 maggio 2020
I pareri espressi dalle Commissioni Lincee rientrano nella loro autonoma responsabilità.
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