Il 23 settembre 2023 ci ha lasciato il Socio Nazionale
Pietro Rossi
Avrebbe compiuto tra poco i novantatré anni (era nato a Torino il 7 novembre 1930). Una lunga vita attiva, passata instancabilmente a produrre, diffondere e promuovere cultura nel senso più ampio del termine.
Aveva studiato e si era laureato a Torino nella Facoltà di Lettere e Filosofia con Nicola Abbagnano di cui sarebbe diventato in seguito anche assistente. Aveva poi proseguito gli studi presso l'Istituto Italiano di Studi Storici di Napoli prendendo però le distanze dall'idealismo crociano e dalla sua concezione della storia come unica forma di conoscenza del mondo umano. Lo storicismo nel quale era maturato il suo pensiero era infatti quello tedesco tra XIX e XX secolo che si riassume nei nomi di Dilthey, Windelband, Rickert e poi di Max Weber. Lo storicismo tedesco contemporaneo, pubblicato da Einaudi nel 1956, quando l'autore aveva 26 anni, resta ancor oggi un'opera di riferimento fondamentale.
Alla fine degli anni 50 Weber era ancora un pensatore largamente sconosciuto alla cultura italiana. E' vero che Laterza, su indicazione proprio di Croce, aveva pubblicato nel 1919 il saggio Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania e che Antonio Giolitti aveva tradotto per Einaudi nel 1948 le due conferenze Il lavoro intellettuale come professione, ma per il resto la grande opera weberiana era rimasta sconosciuta nel nostro paese. Nell'arco di pochi anni, Rossi rende disponibili i saggi metodologici (Il metodo delle scienze storico-sociali, Einaudi 1958), il grande affresco di Economia e società (Comunità, 1961) e, vent'anni più tardi, i saggi di Sociologia della religione (Comunità, 1981).
Se le tematiche weberiane sono entrate nel bagaglio culturale dell'accademia, della comunicazione e della politica in Italia, il merito va riconosciuto prima di tutti a Pietro Rossi. La grande collana dei Classici della Sociologia curata da Rossi per le Edizioni di Comunità negli anni '60 e '70 ha sicuramente contribuito in modo sostanziale alla ripresa delle scienze sociali in Italia dopo che la tradizione positivista e l'eredità paretiana erano state in larga parte interrotte tra le due guerre mondiali. Ciò vale per la sociologia ma anche per l'antropologia culturale, dove Rossi ha contribuito non poco a suggerire piste per collegare gli studi etnografici tradizionali con le più moderne correnti di ricerca provenienti dai mondi che avevano dovuto affrontare le sfide della colonizzazione e decolonizzazione.
Rossi ha animato anche il dibattito sulla storiografia, allargando l'approccio comparativo di Weber e della Scuola delle Annales nella direzione della storia globale sempre più indispensabile in un mondo dove le reti di interdipendenza sono diventate sempre più fitte e sempre più estese. In questa prospettiva, Rossi si chiede quale sarà il posto dell'Europa nelle tensioni del mondo di domani, senza tuttavia alimentare visioni utopiche o apocalittiche (L'identità dell'Europa, 2007 e L'Europa che fu, 2017, pubblicati dal Mulino).
Non va dimenticato inoltre un aspetto importante dell'impegno civile di Pietro Rossi sui problemi della scuola. Negli anni '70 aveva partecipato attivamente al dibattito sulla riforma della scuola secondaria superiore, formulando proposte concrete sia sulla struttura degli ordinamenti, sia sui contenuti dei settori disciplinari con particolare riferimento all'insegnamento della filosofia, della storia e delle scienze sociali. In questa prospettiva, e non trascurando l'insegnamento universitario, va visto l'impegno editoriale con Laterza per la pubblicazione, curata insieme a Carlo Viano, dei sei volumi della Storia della Filosofia, nonché le collane di filosofia e scienze sociali per l'Editore Loescher. Pietro Rossi è stato inoltre molto attivo nella progettazione e realizzazione dell'Enciclopedia delle Scienze Sociali pubblicata dalla Treccani, forse l'ultimo grande impegno enciclopedico prima dell'avvento di Wikipedia.
Pietro è stato anche molto attivo nel promuovere e sostenere le riviste scientifiche, partecipando per mezzo secolo alla direzione della “Rivista di Filosofia” e per vari anni al comitato direttivo dei “Quaderni di Sociologia”. Egli tuttavia non era solo un “grande accademico”, co-fondatore dell'Academia Europaea, socio e anche Presidente per vari anni dell'Accademia delle Scienze di Torino e socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, è stato anche in un certo periodo presente nel dibattito culturale e politico scrivendo, talvolta anche con verve polemica, numerosi articoli per “Il Giorno”, allora diretto da Gaetano Afeltra. Anche se talvolta non nascondeva le sue simpatie e antipatie per persone e idee, credo che neppure i suoi avversari lo ritenessero una persona superficiale e priva di rigore, anche e soprattutto nei confronti di sé stesso.