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Il Socio Ferrando Mantovani, Emerito di diritto penale, mancato a dicembre 2024

Date: 
28/12/2024

Ferrando Mantovani
6 luglio 1933-28 dicembre 2024

 

Ferrando Mantovani, dal 2009 Socio corrispondente e, dal novembre 2024, Socio nazionale dell’Accademia, ci ha lasciato il 27 dicembre 2024. Era Professore Emerito di Diritto penale presso l’Università di Firenze, dove ha insegnato dal 1968 al 2008, dopo essersi laureato nell’Università di Modena con Giuseppe Dossetti (figura assai rilevante per la sua formazione) e avervi mosso i primi passi della carriera accademica.

La scienza penalistica e la cultura giuridica italiana e internazionale piangono la perdita di uno dei suoi esponenti più insigni, di un maestro che ha difeso e insegnato i fondamenti della civiltà del diritto con grande senso di responsabilità verso le nuove generazioni. La sua fama, oltre che ai lavori monografici, ai numerosi scritti e alla presenza autorevole nel dibattito dogmatico e politico-criminale, è legata a una fondamentale opera manualistica Diritto penale (Wolters Kluwer-Cedam). Il testo, scrupolosamente aggiornato in una molteplicità di edizioni nell’arco di decenni, ha costituito e rimarrà un punto di riferimento per gli studiosi e i pratici. La presentazione all’edizione del 1979 di questo volume, «nato dalla meditazione di un travagliato decennio», ne delinea il profilo più fedele della personalità di giurista e di uomo, mosso dalla finalità espressa di «comprendere il diritto penale nelle sue più profonde radici logico-razionali e nelle sue scelte di fondo storico-politiche», nella convinzione «che non vi è autentica cultura giuridica fuori della dimensione razionale, storica e comparatistica» e che, dunque, possa esimersi da uno sforzo di sintesi del «pensiero penalistico, quale si è venuto manifestando ed evolvendo attraverso le esperienze illuministico-liberali, positivìstico-deterministiche, totalitarie e collettivistiche, personalistico-solidaristiche, e nelle sue perenni contrapposizioni dialettiche».

Cosa non frequente, specie all’epoca delle prime edizioni, il manuale, nato come “di parte generale”, è venuto arricchendosi anche di volumi di parte speciale, tra i quali la sempre aggiornata e cospicua trattazione dei delitti contro la persona. Una attenzione tematica non casuale, visto che il primo filone di studi in cui si manifestarono i tratti essenziali del suo pensiero era stato quello della responsabilità medica, con un’opera (I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, 1974) destinata a segnare anche il cammino successivo degli studi e della prassi in materia.

Questi lavori manifestavano l’aderenza, saldamente affermata, a una «concezione personalistica dell’uomo-valore, uomo-persona, uomo-fine, come tale non strumentalizzabile in funzione di alcun interesse extrapersonale»; una «concezione, per la quale ‘bene personale’ e ‘bene comune’ non collidono, ma coincidono, costituendo il rispetto ed il sostegno della persona il fine stesso di tutta la ‘società personalistica». In ciò ravvisandosi il «punto di incontro di ogni ‘umanesimo’, metafisico e non metafisico, religioso e laico, che pur sempre riconosca nell’essere umano un’intrinseca dignità, che ne fa un soggetto ‘fine a sé’, e mai un oggetto-mezzo».

Coerente con questa prospettiva è un’opera parallela e sapientemente complementare al manuale di diritto penale; Il problema della criminalità. Compendio di scienze criminali (1984), che segnalava l’attenzione, rara tra i giuristi italiani di allora, al sapere empirico-criminologico, testimoniando una sensibilità e una capacità di riflessione interdisciplinare che anticipava la raccomandazione di metodo sempre più insistente ai giorni nostri per un rinnovamento della teoria e della pratica giuridica chiamata a confrontarsi con un principio di realtà che troppo spesso ha la tentazione di disattendere. Da qui la preziosa bussola di orientamento che l’opera di Mantovani poteva offrire e tuttora offre a chi, muovendo dai fermi lidi del diritto, avverta come imprescindibile il richiamo ad avventurarsi nel vasto e mobile mare dell’empiria.

Uno sguardo lungo e penetrante, quello sempre esercitato da Mantovani, che recò contributi rilevanti a uno dei più autorevoli tentativi di riforma del codice penale italiano, condotto negli anni ottanta del Novecento dalla commissione presieduta da un altro autorevole socio, Antonio Pagliaro, scomparso nel 2023.

Agli ultimi anni del compianto studioso dobbiamo dolenti meditazioni sulla condizione umana, le sue crisi e debolezze, in cui ha trovato espressione un pensiero libero e un’esperienza di vita non risparmiata da prove anche molto dolorose.

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