Con Antonio La Penna, mancato a Firenze il 9 aprile 2024, scompare uno dei più grandi antichisti del secondo Novecento. Nato a Bisaccia (Av) il 9 gennaio 1925, dopo gli studi liceali presso il Colletta di Avellino arrivò sedicenne a quelli universitari presso la Scuola Normale Superiore di Pisa (1941-45), dove ebbe come maestro Giorgio Pasquali. Dopo alcuni anni di ricerca in Francia, esercitò il suo lungo magistero universitario (1954-2000) presso le università di Pisa e poi, dalla fine dei ’60, di Firenze, e presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove tenne un seminario di Filologia latina dal 1964 al 1993, magistero a cui si sono formate diverse generazioni di latinisti.
Sulla traccia di Pasquali ha perseguito l’obiettivo del rigore filologico-scientifico (esercitato anche in edizioni critiche e ricerche sulla storia del testo di vari autori) nel campo degli studi classici in Italia, combattendone ogni forma di attardato e retorico culto dell’antichità, ma al tempo stesso ha aperto nuove strade alla ricerca nel campo delle letterature antiche, interpretando la storia letteraria come parte della più generale storia della cultura. Sulle iniziali radici crociane della sua formazione fece progressivamente prevalere l’impronta del grande conterraneo De Sanctis, e grazie a robuste aperture alla cultura storica e alla sociologia (nonché al marxismo), ma anche a metodi critici al tempo ancora ignorati nell’antichistica italiana (ad es. Auerbach), ha mostrato come leggere i testi antichi in una prospettiva nuova e aperta a problemi e sensibilità del mondo moderno.
Il rapporto tra l’antico e il moderno è sempre stato al centro della sua riflessione e del suo metodo, e in questo senso il rinnovamento apportato da La Penna nell’antichistica e nella cultura italiana è stato vasto e profondo, come testimonia l’ampiezza e la varietà della sua bibliografia: ha scritto numerosi volumi sui maggiori scrittori latini (Orazio, Virgilio, Properzio, Ovidio, Sallustio, la favolistica greca e latina, etc.), in molti casi aprendo la strada a prospettive nuove e dettate da una sensibilità tutta moderna (in questa linea vanno letti anche i numerosi lavori sulla presenza dei classici nella cultura europea: Tasso, Leopardi, Gide, Valéry, etc.).
Credeva fortemente nella responsabilità civile della scuola, per la quale ha scritto non solo numerosi e fortunatissimi libri di testo (in particolare su Orazio e Virgilio), ma di cui ha in molti scritti lamentato, vedendola diventare sempre più facile e inutile, la progressiva degradazione e quindi l’incapacità di educare a quella funzione critica che fa da antidoto al dilagante conformismo sociale. Della sua esperienza intellettuale è infatti parte essenziale una forte tensione etica, che portò La Penna anche all’impegno politico nella sinistra italiana, seppur irregolare e rivendicato come ‘disorganico’ a partiti e gruppi politici, e che visse con distacco critico e una progressiva delusione confessata negli ultimi decenni con lucido pessimismo.
Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, e vincitore del Premio Antonio Feltrinelli 1987 per la Storia e Critica della Letteratura, lascia un’impronta profonda nella storia dell’antichistica italiana ma anche una lezione sulla sulla funzione civile della ricerca e dell’insegnamento.