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Il 3 luglio è scomparso a Firenze Paolo Grossi, professore emerito dell’Università di Firenze e presidente emerito della Corte Costituzionale. Egli è stato uno dei massimi giuristi contemporanei, un vero grande maestro del diritto, le cui opere sono conosciute e tradotte in tutto il mondo. Ha creato una scuola importante e ha avuto allievi che, a loro volta, sono personalità scientifiche di primo piano a livello internazionale. Grandi sono i suoi meriti di promozione culturale per aver fondato nel 1973, e diretto per diversi anni, il Centro di studi per il pensiero giuridico moderno, luogo di incontro tra esperti di varie discipline giuridiche e ben noto a tutti gli operatori giuridici per le sue iniziative, i suoi convegni, la sua rivista “Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno”. Ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti, tra cui 12 lauree ad honorem da Università italiane e straniere e numerosi premi come quello di “Giurista dell’anno” da parte dell’Elsa, di Duca di Amalfi-Maestro del diritto e il “Fiorino d’oro” della città di Firenze. Tra le varie attività svolte nell’ambito dell’Accademia, vanno ricordate: la conferenza “Il diritto nella storia dell’Italia unita” del 14 aprile 2011; la lectio brevis del 2014 su “Il diritto in Italia oggi, tra modernità e postmodernità”; la conferenza istituzionale “La Corte costituzionale: una valvola respiratoria per l’ordinamento giuridico italiano” del 10 febbraio 2017 e la lettura corsiniana “La giovinezza della Costituzione” del 7 aprile 2019. È stato presidente della Commissione lincea per la pubblicazione degli Atti delle Assemblee costituzionali italiane..
La qualifica ufficiale accademica di Paolo Grossi è stata quella di “storico del diritto”, ma se si guarda alla sua produzione scientifica può senza dubbio dirsi che questa definizione appare angusta, avendo i suoi interessi di ricerca sempre più abbracciato nel tempo aree tematiche diverse e più ampie. La sua caratteristica maggiore è stata, infatti, quella di non fermarsi su un singolo settore del diritto, ma di spaziare dal diritto canonico al diritto agrario, dal diritto comune al diritto privato moderno, dalle dimensioni costituzionali a quelle sovranazionali del diritto e della teoria delle fonti. All’insegna di questi interessi, la sua produzione scientifica conta vari scritti minori e più di una trentina di volumi che sono divenuti veri e propri emblemi della scienza giuridica italiana di quest’ultimo trentennio.
Fra di essi è sufficiente ricordare “L’ordine giuridico medioevale”, “Mitologie giuridiche della modernità”, “Assolutismo giuridico e diritto privato”, “Società, diritto e Stato”, “L’Europa del diritto”, “Novecento giuridico: un secolo postmoderno”, “L’invenzione del diritto” e, l’ultimo, “Oltre la legalità”.
Paolo Grossi ha dato una nuova identità alla storia del diritto. Ha saputo indicare, con acutezza, il compito dello storico del diritto: “non essere – come egli ha sottolineato in diverse sue opere (Il diritto in una società che cambia, a colloquio con Orlando Roselli, 2018; Uno storico del diritto alla ricerca di se stesso, 2008) – dedito ad una erudizione antiquaria, non essere occupato a contare i granelli di polvere depositatisi sugli scaffali del tempo, diventando imbalsamatore di cadaveri, morto tra i morti, ma sapere interrogare il diritto per coglierne il profondo legame con la vita, con la cultura della sua epoca”.
Lascia un vuoto incolmabile per gli studi e per chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo.