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Fig. 2
Fig. 3
Sebastian Brant e la Nave dei folli: un viaggio surreale alla fine del XV secolo
Tra i numerosi e preziosi incunaboli conservati nel fondo corsiniano troviamo l’edizione del 1497 di un’opera che fin dalla prima pubblicazione in tedesco, o meglio in dialetto alsaziano, nel febbraio 1494, conobbe un successo travolgente e fu più volte stampata, anche con traduzione latina, la lingua internazionale dell’epoca, tanto da rappresentare un vero e proprio bestseller.
Quello presente in biblioteca è un volume con la versione latina del testo, stampato a Basilea. Questa edizione è arricchita da vari testi poetici e di dedica, tra i quali un epigramma al lettore, un’epistola rivolta a Brant ed un componimento poetico in omaggio al tipografo Johan Bergmann von Olpe. Questa copia arriva nella raccolta Corsini attraverso l’acquisto del fondo librario di Nicola Rossi, segretario ed amministratore della nobile famiglia. Nel palazzo di via della Lungara, dove visse per quasi cinquant’anni, il fiorentino Nicola Rossi mise insieme una ricchissima collezione di testi antichi e manoscritti che alla sua morte, nel 1785, venne acquistata dal principe Bartolomeo Corsini.
L’opera è nota soprattutto per il ricco apparato iconografico che in moltissime xilografie racconta il folle viaggio di una comitiva di pazzi. A bordo di una nave questi strani personaggi cercano di raggiungere Narragonien, (il Paese dei Pazzi, dopo aver attraversato Schlaraffenland (il Paese della Cuccagna).
I folli compiono un rocambolesco percorso, violando ripetutamente i dieci comandamenti, incorrendo nei vizi capitali, andando incontro ad una serie di avventure bizzarre ma dal risvolto metaforico molto chiaro.
L’umanista e poeta tedesco Sebastian Brant infatti dà vita, attraverso questa galleria di personaggi singolari (tra i quali spiccano non solo i pazzi, ma anche gli adulteri, gli usurai ed i giocatori d’azzardo), ad una rigorosa rappresentazione dei vizi umani, dai risvolti satirici e moraleggianti, in un clima culturale che di lì a qualche anno avrebbe portato, nei paesi nordici, alla Riforma Protestante.
Le xilografie, molte riferite dalla critica al giovane Albrecht Durer, raccontano con un incisivo e graffiante segno grafico, tipico dell’artista tedesco le tappe del viaggio e stigmatizzano i principali vizi dell’uomo.
La vignetta intitolata Avaratia (c. 13r), che mostra tre avari di fronte alle ricchezze, quella dal titolo Violare amicos dove è inscenata una violenza fisica nei confronti di un uomo nelle strade di un caratteristico villaggio tedesco ( c. 21 r.) , l’immagine di una tavolata di gaudenti nella vignetta De epulonibus (c 27 r.) , quella dedicata alle Fortune vanitas (c. 34 r.) che ritrae un uomo affacciato alla finestra di una tipica costruzione medievale alsaziana, la xilografia dedicata alla stoltezza, significativamente intitolata Stultitia gaudium stultorum (c. 45 r.) , o quella dove una ruota che gira con uomini ed animali tra gli ingranaggi simboleggia la Fortune mutabilitas (c. 47) sono solo alcuni esempi del mirabile e fantastico mondo fatto di uomini e donne ma anche di animali che sembrano usciti dai bestiari medievali ( la scimmia a c. 23 r., i maiali a c. 24 r., i cani ed i conigli a c. 25 r., i lupi a c. 34 r., gli uccelli dal lungo collo a c. 45 r., l’asino a c. 46 r. e a c. 60 r., l’orso che divora il miele a c. 80) e da strane e mostruose creature ( l’inquietante essere con becco di uccello ed ali di pipistrello a c. 31 r., l’ animale che spalanca la larga bocca dentata nel tentativo di inghiottire un uomo a c. 40, il gigantesco crostaceo a c. 65 r., lo scheletro che rappresenta la morte a c. 94, l’essere mostruoso con fattezze di uccello che insidia lo donna che si rimira nello specchio a c. 102).
Particolarmente gustosa è la vignetta dedicata alla Inutilitas librorum che raffigura un erudito ed occhialuto bibliofilo tra i libri (c. 11 r.).
La vivace galleria di personaggi che dà vita alla rappresentazione didattica e moraleggiante di vizi e situazioni particolari sembra uscire dalle pagine del volume di Sebastian Brant e trasferirsi nel piccolo olio su tavola dipinto da Hyeronimus Bosch intorno al 1494: le atmosfere, le iconografie, le evidenti affinità stilistiche tra le immagini del libro e quelle del dipinto, raccontano di un mondo che , alla fine del Medioevo, in ambito soprattutto tedesco e nordico, molto aveva già riflettuto sul tema della pazzia. Dopo qualche anno, nel 1511, Erasmo da Rotterdam pubblicherà l’Elogio della Follia.
A dimostrazione della imponente circolazione di questo volume e dell’incisività del racconto per immagini che contiene, è sicuramente da registrare la presenza di una copia del libro (non sappiamo precisamente di quale edizione si tratti) nella biblioteca di Leonardo da Vinci che nella lista di libri contenuta nel Codice di Madrid e redatta probabilmente alla fine del 1503, annota, tra i titoli “galea de’matti”.
Il volume, nell’edizione del 1497 conservata in biblioteca Corsiniana , costituisce anche un’affascinante testimonianza dell’eco dei tempi nuovi che avanzano: a c. 76 v. si legge “ Hesperie occidue rex Ferdinandus: in alto Aequore nunc gentes repperit innumeros”, una delle prime testimonianze letterarie, a cinque anni dai fatti, della scoperta dell’America.
(Fig. 4)
Legenda
Fig. 1 De epulonibus c 27 r., xilografia
Fig. 2 Superbia c. 102 r. xilografia
Fig. 3 Inutilitas librorum c. 11r., xilografia
Fig. 4 Testimonianza letteraria della scoperta dell’America c. 76 v.